gli occupati nelle tecnologie green superano quelli nelle fossili ma manca manodopera qualificata

Gli occupati nelle tecnologie green superano quelli nelle fossili ma manca manodopera qualificata

Per ogni posto di lavoro perso nei settori fossili, si potrebbero creare due nuovi posti di lavoro nelle energie green.

Il nuovo rapporto World Energy Employment 2023 a cura di IEA (Agenzia internazionale dell’energia) opera una fotografia sulla possibile evoluzione dei posti di lavoro globali nei settori più importanti della transizione energetica. Grazie al boom di investimenti, fotovoltaico, eolico, batterie e veicoli elettrici, minerali critici, sono tra i maggiori driver della crescita dell’occupazione nelle tecnologie pulite al 2030, ma per cogliere appieno questo potenziale lavorativo servono politiche specifiche per aumentare la manodopera qualificata. I lavoratori che conseguono titoli o certificazioni rilevanti per le posizioni nel settore energetico, tra cui elettricisti specializzati e ingegneri, non riescono a tenere il passo con la crescente domanda di specifiche competenze lavorative. La mancanza di manodopera qualificata rischia di rallentare la corsa verso nuovi progetti per la transizione energetica.

 Nel 2021, per la prima volta, gli occupati totali nelle tecnologie pulite hanno superato il numero di chi lavora nei combustibili fossili e questa tendenza è proseguita nei due anni successivi. Gli occupati complessivi nelle energie pulite sono infatti circa 36 milioni contro i 32 milioni di lavoratori nelle fonti fossili (carbone, gas e petrolio).

L’occupazione globale nel settore energetico è salita a circa 67 milioni di addetti nel 2022, con un aumento di 3,5 milioni rispetto ai livelli di prima della pandemia (2019). Oltre metà della crescita dell’occupazione in questo periodo è avvenuta in soli cinque settori:

  • fotovoltaico
  • eolico
  • veicoli elettrici e batterie
  • pompe di calore
  • estrazione di minerali critici (come litio, cobalto, nichel)

 Il fotovoltaico nel 2022 contava quasi 4 milioni di addetti in tutto il mondo, tra segmento residenziale e segmento utility-scale. Nel 2030, secondo IEA, gli occupati potrebbero salire a circa 5 milioni nello scenario Steps (Stated Policies Scenario basato sulle “politiche dichiarate” dai governi) ma nello scenario Net Zero Emissions (NZE), che prevede un percorso energetico per azzerare le emissioni nette di CO2 al 2050, il potenziale per il fotovoltaico potrebbe arrivare a circa 6,6 milioni.

Per quanto riguarda l’eolico, gli addetti nel 2022 erano 1,5 milioni (e nello scenario Net Zero passano a quasi 5 milioni tra impianti a terra e segmento offshore, più del triplo in confronto ai livelli attuali).

Lo scenario NZE prevede anche un forte incremento di occupazione nel settore idroelettrico, quasi raddoppio da circa 2 milioni di lavoratori nel 2022 a poco meno di 4 milioni nel 2030.

Veicoli elettrici e batterie hanno registrato la crescita più rapida, aggiungendo oltre 1 milione di posti di lavoro dal 2019 (+148%). Lo scenario Net Zero proietta nel 2030 poco più di 14 milioni gli occupati nell’automotive a livello globale, di cui dieci nella mobilità elettrica. Anche gli occupati nelle industrie dei combustibili fossili sono aumentati anche se con una ripresa più contenuta.

Un settore di fondamentale importanza è poi quello dell’estrazione delle materie prime critiche, come litio, cobalto, nichel e rame, dove gli occupati sono circa 800mila. Per il 2030 IEA parla di una possibile crescita fino a circa un milione e mezzo di addetti, spinta dal boom del settore minerario per soddisfare la domanda di materiali per le energie pulite.

IEA stima che al 2030 le tecnologie low-carbon citate, oltre quelle dell’idrogeno e delle bioenergie,  creeranno 30 milioni di nuovi posti di lavoro, mentre quasi 13 milioni di occupati nelle industrie fossili (carbone, oil&gas) saranno a rischio a causa della transizione energetica: per ogni posto di lavoro perso nei settori fossili, si potrebbero creare due nuovi posti di lavoro nelle energie pulite.