Il 56% degli edifici pubblici è inefficiente
Presentata l’analisi della Community Smart Building di TEHA che quantifica i ritardi nella azioni di decarbonizzazione
Il settore edilizio in Italia rappresenta un settore cruciale cui intervenire per rispondere alla necessità di decarbonizzazione, come previsto dall’Agenda strategica europea.
Il settore edilizio è infatti responsabile del 42% dei consumi energetici e del 18% delle emissioni di gas serra. In questo contesto, la Pubblica Amministrazione (PA) può contribuire in maniera decisiva, considerando che il 56% degli edifici pubblici in Italia è nelle classi energetiche più basse. In linea con la Direttiva UE, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) prevede un obiettivo di efficientamento del 3% annuo del patrimonio edilizio pubblico dal 2025 al 2030.
Negli ultimi anni si è verificata una contrazione del tasso medio di riqualificazione degli edifici pubblici (nel 2022 è stato dello 0,7%), evidenziando le criticità che ostacolano il processo di decarbonizzazione, tra cui la mancanza di programmazione, la carenza di competenze tecniche e le difficoltà nell’utilizzo delle risorse disponibili (solo tra il 4% e il 50% delle risorse stanziate sono state effettivamente spese nel periodo 2019-2022). Questa la situazione che emerge dalla terza edizione della ricerca della Community Smart Building di The European House – Ambrosetti (TEHA), Think Tank privato e indipendente italiano, che ha coinvolto operatori della filiera, istituzioni e PA per indagare opportunità e sfide per la transizione smart dei Comuni italiani. In questo contesto, uno strumento chiave è rappresentato dal Partenariato Pubblico Privato (PPP), ancora poco utilizzato.
Il processo di decarbonizzazione nella PA si scontra con diverse criticità: problemi di gestione finanziaria, modalità di selezione nei bandi di gara spesso basata sul massimo ribasso, limitata innovazione e qualità delle soluzioni tecnologiche, non adeguata redditività alle aziende. Le problematiche più sentite dagli addetti ai lavori sono i ritardi burocratici e l’eccessivo numero di enti coinvolti (indicati dal 68% del campione) e la mancanza di fondi (53%). Seguono la carenza di competenze tecniche all’interno della PA (42%), che limita la capacità di pianificare, gestire e valutare gli interventi, l’adozione del criterio del massimo ribasso come principale metodo di selezione nelle gare d’appalto (32%), che compromette la qualità e l’innovazione delle soluzioni adottate, e criticità nella fase di diagnosi e monitoraggio dei risultati degli interventi (26%).
Un ulteriore elemento critico per la transizione smart degli edifici pubblici è l’importanza di considerare ognuna delle parti di cui si compongono al momento di definire gli interventi di efficientamento e i flussi di persone.