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Inasprimento sanzionatorio per il Subappalto non autorizzato

Il D.L. Sicurezza inasprisce il trattamento sanzionatorio nei casi di Subappalto non autorizzato modificando la natura giuridica dell'illecito che passa da contravvenzione a delitto

L’entrata in vigore del D.L. Sicurezza (D.L. 113/2018) ha introdotto rilevanti disposizioni in tema di immigrazione, sicurezza pubblica e riorganizzazione ministeriale.
Non tutte le modifiche introdotte hanno avuto lo stesso risalto mediatico, con la conseguenza che alcune previsioni, seppur rilevanti rischiano di passare inosservate.
Nello specifico, con riguardo alla tematica che qui ci interessa, il D.L. Sicurezza all’articolo 25 modifica la disciplina sanzionatoria prevista per i subappalti non autorizzati (art. 21, L.646/1982), inasprendo il trattamento sanzionatorio per questa tipologia di fattispecie.

Al netto delle modifiche introdotte, l’art. 21 della L. 646/1982 prevede che: “Chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l’autorizzazione dell’autorità competente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore ad un terzo del valore dell’opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell’opera ricevuta in appalto. Nei confronti del subappaltatore e dell’affidatario del cottimo si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa pari ad un terzo del valore dell’opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data all’amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto”.

In primo luogo, l’inasprimento delle sanzioni previste in caso di mancata autorizzazione comporta la modifica della natura giuridica dell’illecito che da semplice contravvenzione diviene un delitto.
L’analisi della disposizione dimostra inoltre come la stessa mal si coordini con la normativa antimafia, ciò anche a causa dello scarno dibattito parlamentare che ne ha preceduto l’approvazione.
Una riflessione più attenta avrebbe certamente permesso di evitare di prevedere un massimo edittale (5 anni) per il caso di un subappalto non autorizzato superiore a quello previsto per il caso in cui un funzionario pubblico permetta la conclusione di contratti in favore di soggetti mafiosi (4 anni).

A ciò si aggiunga che dal punto di vista procedimentale sono prevedibili alcuni rallentamenti nel processo di autorizzazione dei subappalti, ciò in quanto in mancanza di adeguati controlli le sanzioni previste sarebbero irrogate non solo nei confronti di appaltatore e subappaltatore/i, ma anche – a cascata – nei confronti del RUP e del Direttore dei Lavori.

Concludendo, la volontà di contrastare possibili utilizzi illeciti del subappalto è certamente condivisibile, purtroppo però l’intervento normativo, piuttosto che una garanzia per l’istituto, rischia di rappresentare esclusivamente un appesantimento burocratico.

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