Parere dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del 10 giugno 2015 n. 96

13 Aprile 2017

All’Autorità Nazionale Anticorruzione si era rivolta una Società per contestare l’aggiudicazione di una gara, volta all’affidamento dei lavori di ristrutturazione di alcuni locali da adibire ad asilo nido, nei confronti di un’impresa che aveva utilizzato l’istituto dell’avvalimento e contestando la legittimità del contratto stipulato tra l’aggiudicataria e la sua ausiliaria.

In particolare, dall’esame della documentazione prodotta, inerente il contratto di avvalimento tra la società aggiudicataria e l’impresa che si è impegnata a mettere a disposizione della prima la propria qualificazione SOA, necessaria ai fini della partecipazione alla gara, è emerso che il contratto di avvalimento recitava testualmente: “il rappresentante legale dell’impresa ausiliaria, o un suo delegato tecnico, potrà preventivamente verificare le gare e i capitolati di appalto prima di consentire l’avvalimento e potrà negarlo a suo insindacabile giudizio”.

La questione giuridica sottoposta al vaglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione attiene quindi alla legittimità o meno di un contratto di avvalimento sottoposto a condizione sospensiva meramente potestativa.

L’A.N.A.C. nel parere afferma di aver già affrontato la problematica in altre controversie analoghe nelle quali, appunto, era stata inserita una clausola simile a quella sopra indicata (parere n. 77 del 13 maggio 2015, parere n. 88 del 23 aprile 2014 e n. 203 del 18 dicembre 2013).

Nei suddetti casi l’Autorità aveva avuto modo di chiarire che l’apposizione di tali condizioni al contratto di avvalimento rende incerta l’operatività del contratto e, dunque, non certa l’assunzione dell’impegno in esso contenuto, con conseguente mancata prova del possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che ne è privo, e che, proprio per tale ragione, ha fatto ricorso all’istituto dell’avvalimento per dimostrarlo.

L’Autorità ha ritenuto che nel caso oggetto del parere siano applicabili i medesimi principi e che, pertanto, il contratto prodotto dalla società aggiudicataria non è conforme alla disciplina dell’avvalimento.

La stazione appaltante avrebbe dovuto, di conseguenza, escludere dalla procedura di gara il concorrente per mancato possesso dei requisiti di qualificazione richiesti.

In tal senso si è pronunciato anche il Consiglio di Stato nella sentenza n. 413 del 27 gennaio 2014. In tale pronuncia il Supremo Consesso ha ritenuto che, sebbene l’istituto dell’avvalimento “ non sia stato tipizzato in ogni suo aspetto di legge, non può di certo ritenersi che alle parti sia consentito di definire un regolamento pattizio meramente potestativo e tale, comunque, da ricondurre all’esclusiva volontà dell’ausiliaria il presupposto di operatività di un sinallagma destinato a produrre effetti anche nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice.”

L’articolo 49 del Codice Appalti, infatti, argomenta il Consiglio di Stato, impone sempre che gli obblighi che le parti si impegnano ad assumere fra di loro e nei confronti della stazione appaltante siano chiari, univoci e non sottoposti a condizioni sospensive meramente potestative.

La condizione potestativa apposta all’obbligazione dell’impresa ausiliaria finisce, invece, per dipendere unicamente dalla volontà di quest’ultima, e, ai sensi dell’art. 1355 del Codice Civile, è nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata ad una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore.

Alla luce di ciò verrebbe quindi a mancare, secondo i giudici amministrativi, il presupposto per l’assolvimento dell’onere di cui all’art. 49, comma 2, lettera f) del  D.lgs. 163/2006, vale a dire un contratto valido ed efficace in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto.