Terre rare, gli USA firmano l’accordo con l’Australia. Così Trump continua a sfidare la Cina sulle materie prime critiche
Un accordo sui minerali critici e le terre rare con l’Australia è il cuore dell’intesa firmata ieri a Washington da Donald Trump e il premier di Canberra Anthony Albanese, che prevede la creazione di una “pipeline” da 8,5 miliardi di dollari per garantire agli Stati Uniti l’accesso diretto alle materie prime critiche del continente australiano. Un’alleanza strategica che diventa ancor più necessaria per gli USA dopo la recente stretta imposta sul settore dalla Cina, primo produttore mondiale di terre rare e principale avversario degli Stati Uniti sul piano internazionale. Pechino controlla infatti oltre il 70% della produzione mondiale e più dell’85% della raffinazione delle terre rare, indispensabili per tecnologie come turbine eoliche, semiconduttori, batterie e sistemi radar. Il 9 ottobre il governo cinese ha annunciato una serie di restrizioni la cui entrata in vigore è prevista per il 1° dicembre e che si basano sul principio dell’extraterritorialità: ogni prodotto contenente terre rare cinesi richiederà una licenza dalla Cina per poter essere commercializzato, anche se prodotto all’estero.
In questo contesto si colloca l’intesa tra Stati Uniti e Australia, che prevede un pacchetto, da 8,5 miliardi di dollari, di progetti infrastrutturali e industriali pensati per accelerare la produzione e l’esportazione delle materie prime critiche. Albanese ha sottolineato l’importanza dell’accordo al fine della sicurezza delle catene di approvvigionamento e per il rafforzamento della posizione strategica dell’Australia nel Pacifico. Ha inoltre confermato la creazione di una “riserva strategica nazionale” di minerali critici del valore di 1,2 miliardi di dollari australiani, con la previsione di renderla pienamente operativa entro la seconda metà del 2026. Washinton, invece, valuterà prestiti agevolati, garanzie pubbliche e investimenti diretti per sostenere impianti estrattivi e di raffinazione in territorio australiano.
Per gli Stati Uniti, l’Accordo rappresenta un passo fondamentale all’interno della strategia di diversificazione degli approvvigionamenti, al fine di rendere meno vulnerabile l’industria high tech nazionale rispetto al monopolio cinese. Per Canberra, invece, rappresenta una scommessa geopolitica: diventare un fornitore strategico di terre rare per l’Occidente, senza però incrinare i rapporti con la Cina, che rimane la principale destinazione delle esportazioni australiane in questo settore.
Fonte: Il Fatto Quotidiano