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La formazione nel settore elettrotecnico ed elettronico – seconda indagine ANIE Education (indagine realizzata ad aprile 2015)

Proseguimento dello studio realizzato nel 2013 sul rapporto tra imprese e sistema scolastico, da cui era emersa l’insoddisfazione delle aziende rispetto alla conoscenza del mondo del lavoro e alla preparazione specifica dei giovani che per la prima volta si affacciano nel contesto professionale, la seconda indagine promossa dal CTE di ANIE fa emergere come, per far fronte a tali carenze, le aziende attuino impegnative iniziative di formazione del personale nei confronti dei neoassunti e delle figure professionali in carriera.

La formazione professionale è fondamentale: può contribuire al riscatto occupazionale del Paese e garantire maggiore competitività alle imprese italiane. Questo, in sostanza, il convincimento che ha spinto ANIE a dedicare la sua seconda indagine tra le imprese associate alla verifica se le aziende reputino la valorizzazione delle risorse umane uno strumento valido per accrescere la loro competitività o piuttosto la mera osservanza di un obbligo. I risultati sono in linea con quello che è lo spirito intrinseco di aziende caratterizzate da un elevato livello di know how tecnico e componenti tecnologiche come quelle associate ANIE: le risorse umane sono un capitale, un valore, frutto di selezione, investimenti e attenzione specifica. Ecco allora che il 76% delle aziende prese in esame organizza attività di formazione in maniera sistematica. Nel 64% dei casi, questa formazione viene messa concretamente in atto attraverso modalità on the job.

Al questionario, rivolto a responsabili HR e della formazione, hanno partecipato aziende associate ANIE collocate prevalentemente al Nord (Nord Ovest: 41,75%; Nord Est: 26,80%) con una struttura aziendale così articolata in quanto a figure professionali: impiegati (45,59%), operai (42,88%), quadri (6,90%), dirigenti (4,63%). Il campione preso in esame è rappresentativo di oltre il 30% delle aziende direttamente associate. La distribuzione geografica delle risposte considerate riflette la capillarità geografica della Federazione, mentre per quanto riguarda i molteplici comparti dell’industria elettrotecnica ed elettronica, essi sono tutti rappresentati nelle risposte al questionario, con una distribuzione che rispecchia quella delle aziende nella realtà associativa ANIE.

Diverso approccio per aziende di piccole e grandi dimensioni

L’indagine ha preso in esame l’aggiornamento di tutte le figure professionali in carriera (suddivise per fascia di età e titolo di studio) e ha evidenziato come esista una sostanziale differenza di approccio tra le aziende di grandi dimensioni e quelle medio-piccole. Le prime ricorrono comprensibilmente ad approcci formativi organizzati con iniziative largamente in house (65,6% contro il 32,73% delle PM) e su misura (interventi a catalogo per le aziende di grandi dimensioni 18,75% contro il 65,40% delle piccole) mentre le PMI sembrano necessariamente costrette ad attività di formazione on the job e per affiancamento.

Un’ulteriore elemento di distinzione riguarda il peso dell’apprendimento che sembra ricadere più sulle aziende di piccole dimensioni. Secondo quanto emerge dall’indagine, per le imprese fino a 49 dipendenti l’investimento in formazione rappresenta il 2,06% del fatturato; per quelle tra i 50 e i 249 dipendenti rappresenta l’1%, per quelle tra i 250 e 500 dipendenti è dell’1,44%. Per le imprese con oltre 500 dipendenti il peso sul fatturato si attesta allo 0,21%.

E’ evidente l’attenzione delle aziende del comparto elettrotecnico ed elettronico nei confronti della formazione professionale continua (quella rivolta cioè al capitale umano aziendale), dall’indagine emerge infatti che il 76% delle imprese intervistate ricorre alla formazione degli addetti in modo sistematico ma, in funzione della dimensione dell’azienda, si evidenzia che solo il 56% delle aziende con meno di 50 dipendenti adotta tale approccio contro l’88% delle aziende con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 250, il 93% di quelle con un numero di dipendenti compreso tra 250 e 500 e l’oltre 94% di quelle con più di 500 dipendenti.

In modo complementare, tra le 46 aziende che hanno dichiarato di utilizzare un approccio occasionale alla formazione, il 74% sono imprese con meno di 50 dipendenti che indicano tra le motivazioni la preparazione del personale che non necessità di azioni formative per accrescere le proprie competenze, il costo della formazione, l’assenza di tempo da dedicare ad azioni formative.

Si punta su trentenni, diplomati e neoassunti

Dalla nostra indagine emerge chiaramente come nelle imprese esistano delle fasce privilegiate di lavoratori a cui vengono indirizzati i percorsi di formazione, influenzate dall’età, dall’esperienza professionale e dal titolo di studio. L’identikit delle risorse da formare parla soprattutto di addetti tra i 30 e i 40 anni d’età, cioè nel pieno del periodo più fertile per l’apprendimento e la creatività,  su cui punta ben il 92% delle imprese intervistate; le fasce per età che seguono sono 20-30 (67%) e 41-50 anni (per il 65% degli intervistati). Sembra quindi trascurata, almeno per il momento, l’opportunità di formazione per il personale più anziano che, viceversa, a seguito dell’allungamento dei termini di pensionamento avrebbe forse bisogno di maggiore formazione per poter mantenere un elevato livello di partecipazione ai processi aziendali. In funzione della scolarizzazione la maggior parte dell’attenzione è dedicata ai diplomati (89% dei rispondenti) e in seconda battuta ai laureati (64%).

Come è naturale, i neoassunti sono oggetto di attività formative ad hoc quasi per il 73% dei rispondenti. La loro formazione viene preferibilmente portata avanti con un training specifico erogato in modalità on the job. I dati sul tipo di formazione fornito, tuttavia, sono molto eterogenei e variano anche in funzione del ruolo professionale. In alcuni casi vengono considerati i progetti in cui il neoassunto viene inserito, per i quali orientativamente viene indicato un periodo di training on the job (professionalizzate e non socializzante) di circa 30 giorni, con periodi di formazione analoghi ogni qual volta vengano assegnati alla risorsa nuovi progetti. I tempi comunque variano in maniera significativa da azienda ad azienda e in relazione alle diverse figure professionali: per i progettisti (ruoli tecnici impiegati in ricerca e sviluppo) vengono indicati periodi che variano da 1 fino a 6 mesi (anche non continuativi), mentre per i tecnici commerciali i periodi vanno da 2 a 3 mesi.

 Il trasferimento della conoscenza tacita

Il trasferimento del know-how professionale è una qualità che viene fortemente riconosciuta all’interno delle aziende: per il 69% degli intervistati infatti è molto importante la trasmissione di conoscenza maturata dai lavoratori più anziani.

 Le metodologie preferite nel processo di formazione: corsi in aula  e training on the job 

Le aziende che ricorrono alla formazione sembrano affidarsi a esperti nel settore e per questo ingaggiano figure esterne: per il 43% degli intervistati in settori quali lingue straniere, project management, competenze informatiche, sicurezza nei luoghi di lavoro; nel 38% dei casi le aziende ricorrono invece alla gestione interna per temi, quali innovazione di prodotto, ethical e corporate social responsability, missione e strategia d’impresa, innovazioni di processo, competenze tecniche operative della funzione di appartenenza. Questo dato rappresenta la media delle risposte ed è particolarmente vero per le aziende fino a 250 addetti, tende invece ad invertirsi per le aziende più grandi (corsi a gestione interna 65,6%; corsi a gestione esterna 15,6%).

I corsi in aula rimangono ancora i preferiti dal 67% delle aziende, mentre quasi il 64% ricorre al training on the job, che costituisce per le aziende un investimento che assorbe importanti risorse destinate alla socializzazione al lavoro e alla professionalizzazione soprattutto dei neoassunti e soprattutto nelle aziende di piccole dimensioni. Le imprese, infatti, rivolgono loro attività formative on the job a partire da un minimo di 12 giorni fino a 60 giorni (ed esempio per tecnici commerciali). In termini di tempo equivalente (non continuativo) per progettisti elettronici tale periodo può estendersi fino a 6 mesi. Non appare, invece, ancora adeguatamente sfruttato il potenziale di strumenti relativamente più nuovi come webinar (seminari online) e l’e-learning.

Oltre che per assolvere agli obblighi di formazione imposti dalle normative, le aziende costruiscono processi di formazione professionale continua per garantire le conoscenze necessarie ai nuovi collaboratori (92% delle risposte, a scelta multipla), e per aumentare l’efficienza e l’efficacia operativa degli addetti (89%). Solo poche aziende indicano come finalità della formazione il supporto a piani di sviluppo di carriera e di mobilità interna (48%).

 Formazione finanziata

La quasi totalità delle imprese è a conoscenza della possibilità di ottenere dei finanziamenti per le attività di formazione (il 94%). Tra i fondi interprofessionali più utilizzati ci sono Fondimpresa e Fondirigenti. Per il 36% delle imprese la percentuale di formazione finanziata sul totale della formazione erogata è stimata al 50%.

Valutazione delle attività formative

La conclusione di un efficacie percorso di formazione, infine, non può che essere la valutazione: viene effettuata per tutte le attività dal 52% delle imprese, mentre quasi un quarto del campione lo dedica solo a specifiche attività (corsi per lo sviluppo di competenze specifiche e tecniche e corsi sulla sicurezza). Per quasi il 25% delle imprese rispondenti la valutazione viene a coincidere con l’emissione di un attestato di partecipazione. Gli strumenti utilizzati per valutare l’azione formativa sono costituiti soprattutto da indagini sul grado di soddisfazione dei partecipanti (61% delle risposte) e test sulle competenze acquisite (56%). Altri strumenti, utilizzati però solo da un numero minore di aziende, sono l’analisi dei cambiamenti in termini di prestazioni lavorative e la misurazione dell’impatto aziendale.

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