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Direttiva Case Green: il Parlamento UE approva la Direttiva EPBD

Dal 2030 zero emissioni per gli edifici nuovi e dal 2028 per i nuovi edifici pubblici. Per gli edifici residenziali riduzione dell'energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica.

A distanza di un anno, il Parlamento europeo ha finalmente approvato in maniera definitiva la Direttiva Case Green (Direttiva EPBD). Nei vari passaggi tra Parlamento e Consiglio europeo il testo ha subito diverse modifiche.

I Paesi membri dovranno provvedere a ridurre del 16% i consumi energetici degli edifici al 2030 (prendendo come riferimento iniziale il 2020) e attestarsi ad una riduzione del 20-22% al 2035. Se nel primo testo la deadline per il raggiungimento delle emissioni zero era prevista al 2026 per gli edifici pubblici e al 2028 per tutti gli altri ora, nel nuovo testo, la data di adeguamento per edifici pubblici è 1° gennaio 2028 e per tutti gli altri edifici il 1° gennaio 2030.

Nel testo dello scorso anno invece era previsto per il 2030 il raggiungimento della classe energetica E e per il 2033 il raggiungimento della classe D. Gli immobili residenziali nelle classi meno performati (E, F e G) rappresentano in Italia il 70,1% del totale. Secondo stime della Commissione Ue, gli oltre 100 milioni di edifici europei consumano un terzo dell’energia e rappresentano un terzo delle emissioni di CO2.

Entro il 2050 tutti i Paesi dell’Unione dovranno avere un parco residenziale a zero emissioni, l’unico vincolo presente è che il 55% delle riduzioni dovrà riguardare la ristrutturazione degli edifici più energivori.

Altri punti importanti riguardano gli obblighi progressivi di installazione di impianti fotovoltaici, partendo da tutti i nuovi immobili non residenziali con superficie utile superiore a 250 mq dal 2027.

Ampliata la lista degli edifici esenti dai vincoli previsti dalla Direttiva: immobili sottoposti a vincolo puntuale o a vincolo di area, immobili religiosi, immobili temporanei, seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, immobili della difesa e quelli sotto i 50 metri quadri.

Venendo al tema dell’abbandono dei combustibili fossili, le caldaie a gas metano saranno messe al bando dal 2040, facendo slittare di 5 anni in avanti il termine ipotizzato inizialmente dalla Commissione. Gli Stati membri dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili sia nel riscaldamento che nel raffreddamento. A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno invece ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento ibridi che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore.

La Direttiva dovrà ora ottenere l’approvazione finale del Consiglio, verosimilmente non prima della seconda metà dell’anno, e sarà successivamente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. Da quel momento i Paesi membri avranno a disposizione due anni per recepirla. Ciascun Paese dovrà presentare alla Commissione Europea un Piano nazionale di ristrutturazione che individui l’esatto percorso e le metodologie di intervento finalizzate a raggiungere il taglio dei consumi energetici derivanti da fonti fossili. Gli Stati membri potranno tenere conto, nel calcolare le emissioni, del potenziale impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo. I Paesi membri dovranno inoltre garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030.

La Commissione europea per adesso non ha stanziato nuove risorse nell’ambito della direttiva. Il tema dei finanziamenti – al momento delegato agli Stati membri – sarà oggetto di un successivo atto, da approvare entro un anno dall’entrata in vigore della Direttiva EPBD.