Infortuni Covid – i chiarimenti dell’INAIL
L’42 del D.L. Cura Italia (D.L. 18/2020), recante “Disposizioni INAIL”, al comma 2 stabilisce che: “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato“.
La formulazione della norma, sin da subito, aveva sollevato i dubbi e le perplessità della Federazione e degli associati i quali temevano che la volontà del Legislatore fosse quella di prevedere l’automatica responsabilità (civile o penale) del datore di lavoro nel caso di infezione da Covid-19 da parte di un lavoratore.
L’INAIL, lo scorso 20 maggio, è intervenuta con una circolare interpretativa della disciplina (n. 22/2020) per chiarire le conseguenze operative della previsione di cui all’art. 42 del D.L. Cura Italia.
Nelle premesse della circolare si legge che “l’infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione“. In altre parole l’Inail ha tenuto a precisare che l’art. 42 non è altro che la riaffermazione di principi consolidati in tema di infortunistica sul lavoro.
Tanto premesso l’Inail chiarisce che “il riconoscimento dell’origine professionale del contagio, si fonda in conclusione, su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio“. E ancora che “il riconoscimento del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale“.
Ciò porta inevitabilmente ad escludere l’automatica responsabilità civile e penale del datore di lavoro per l’integrazione della quale oltre alla “rigorosa prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro“.
La responsabilità del datore di lavoro sarà dunque ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali.