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Studio sul potenziale impatto della regolamentazione in materia di protezione dei consumatori e sorveglianza del mercato: indicazione di origine (MADE IN).

E’ stato pubblicato lo studio della società di consulenza VVA Europe Ltd, richiesto dal Consiglio Competitività di dicembre 2014, sull’impatto che il Pacchetto protezione dei consumatori e sorveglianza del mercato potrebbe avere sui soggetti interessati: autorità nazionali, consumatori e industria.

Lo studio ha analizzato sei settori merceologici tra cui quello degli elettrodomestici e quello dell’elettronica di consumo.

Per quanto riguarda gli elettrodomestici, le autorità nazionali consultate hanno indicato che l’introduzione dell’art. articolo 7, relativo all’indicazione di origine, non apporterebbe particolari benefici, in termini di tracciabilità dei prodotti, e quindi di maggiore sicurezza per i consumatori.

Inoltre i potenziali costi conseguenti al controllo dell’indicazione di origine sarebbero maggiori rispetto agli altri gruppi di prodotti presi in esame, dato che gli elettrodomestici sono considerati prodotti complessi. In aggiunta gli elettrodomestici sono anche visti come prodotti a più alto rischio rispetto ad altri prodotti di consumo, il che significa che sono dedicate consistenti risorse per il controllo di conformità.

E’ stato anche rilevato che i costi connessi agli elettrodomestici sono già molto elevati a causa di una vasta gamma di regolamenti esistenti, che i prodotti devono rispettare.

Dal punto di vista delle associazioni dei consumatori risulta che la previsione normativa di cui all’articolo 7 non avrebbe un particolare impatto positivo sulla sicurezza degli elettrodomestici.

Quanto all’impatto sull’industria, data la complessa catena di fornitura e il fatto che molti produttori europei operano a livello globale, i soggetti consultati hanno sostenuto che l’applicazione dell’art. 7 comporterebbe per le imprese:

–          il costo diretto per la determinazione del paese d’origine e il costo diretto dell’etichettatura e ri-etichettatura dei prodotti (stimati al 3% delle spese correnti) e

–          i  costi indiretti legati all’”earmarking” dei prodotti per specifici mercati di destinazione con conseguente perdita di produzione e di flessibilità nella logistica.

La stima del costo dell’etichettatura deriva anche dal fatto che un’etichetta d’origine richiederebbe all’azienda di rivedere il processo di valutazione della conformità, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche tecniche del prodotto, al fine di determinare l’origine dello stesso, e quindi sostenere costi aggiuntivi

Ultimo aspetto evidenziato dall’industria riguarda  i maggiori costi che le PMI dovrebbero affrontare per rispettare l’etichettatura del paese d’origine, ex art. 7 con conseguenze evidentemente più gravose rispetto alle grandi imprese.

Medesimo scenario si è delineato con riferimento all’elettronica di consumo.

L’industria ha infine evidenziato che le imprese devono già affrontare diverse esigenze in materia di etichettatura di origine richieste dai paesi quali Stati Uniti, Canada e Russia. Secondo le parti interessate, un requisito europeo supplementare richiederebbe ulteriore “earmarking” di prodotti per mercati specifici.

Lo studio sarà soggetto alla valutazione delle parti istituzionali coinvolte nella procedura legislativa, e la prossima tappa è il Consiglio Competitività del 28 maggio 2015, in occasione del quale ci sarà un primo orientamento del Consiglio a riguardo.

Per maggiori approfondimenti è possibile consultare lo studio integrale in allegato.